formaggi

«Come volete governare un paese ove esistono 246 varietà di formaggio?»

Questa citazione, attribuita con diversi numeri a Charles de Gaulle, fa ben comprendere quanto questo alimento identifichi un popolo e le sue innumerevoli sfaccettature.

Figurarsi in Italia, dove le nostre DOP, legate alla produzione casearia, hanno superato da qualche anno quelle francesi. D’altronde, nel nostro Paese, con il primato di prodotti a marchio di qualità, ben si inserisce l’affermazione dello chef francese, modernizzatore della cucina d’oltralpe, scomparso qualche mese fa, Paul Bocuse che recitava: “L’egemonia della cucina francese durerà sino a quando gli chef italiani capiranno l’enorme patrimonio che hanno a disposizione, sia per quanto riguarda le materie prime che per il ricco patrimonio di tradizioni”.

Il formaggio è un alimento straordinariamente eccezionale, un complesso concepimento culturale, nato dall’esigenza di conservare una materia prima preziosa: il latte. Un cibo talmente complesso che nel medioevo, anche i più grandi medici di allora, dimostravano diffidenza nei suoi confronti. «Caseus est sanus quem dat avara manus», recitava un aforisma attribuito alla Scuola salernitana. Dunque, “Fa bene quel formaggio servito da una mano avara” si traduce nel significato che solo il formaggio mangiato a piccole dosi, non fa male alla salute.

Un articolo, come un libro, non basterebbe per illustrate tutti i criteri di classificazione e i fattori fisico-chimici che intervengono durante la produzione di ogni formaggio; è fondamentale però comprendere alcuni elementi per proporre al meglio questa portata, per raccontarla e preservarla, restituendogli il ruolo che merita. 

Come già accennato, il formaggio è un alimento vivo, per questo bisogna conservalo in un determinato ambiente e ricoprirlo adeguatamente per sfavorire la sua ossidazione e la creazione di elementi sgradevoli che ne contrastano la sua salubrità e qualità, come le muffe improprie.

A livello di temperatura, i formaggi freschi vanno collocati nella parte più fredda del frigo tra 2 e 4°, i formaggi stagionati nella parte meno fredda del frigo tra gli 8 e i 10° mentre tutti gli altri nello scomparto a temperatura compresa tra i 6 e gli 8°. Nella fattispecie dei formaggi più o meno stagionati a pasta semidura, la soluzione migliore è conservarli in fogli di carta alimentare. La carta, essendo porosa, protegge il formaggio dall’esposizione all’aria, ma gli consente allo stesso tempo di respirare.

È bene sostituire la carta quotidianamente o ogni due giorni.

Affinché il formaggio preservi tutto il suo sapore, è necessario toglierlo dal frigo una o due ore prima di servirlo, riportandolo a temperatura ambiente. 

Spesso, su questo prodotto si effettua la pratica del sottovuoto, una tecnica non adeguata, in quanto non ne permette la sua respirazione, causando una diminuzione di aromaticità e persistenza dei sapori, anche se ne aumenta la conservazione.

Durante il mantenimento, le diverse tipologie di formaggio non devono mai stare a contatto fra loro, meglio se conservati in contenitori separati, sempre rispettando la giusta areazione.

Soventemente fra i dessert, in Francia, vi sono enunciati anche i formaggi: la cultura gastronomica francese, infatti, considera il formaggio un elemento irrinunciabile che può essere servito come antipasto, come contorno della portata principale o come dessert: secondo la tradizione un pasto degno di questo nome deve terminare con del formaggio accompagnato da ottimo vino.

Un buon ristorante dovrebbe offrire e valorizzare i formaggi locali, disponendo anche di una selezione di produzioni nazionali. Compito dell’operatore di sala è consigliare all’ospite la tipologia o le tipologie più indicate secondo il menu. Per farlo, occorre innanzitutto conoscere i formaggi che si hanno in casa, rispettare la scala dei sapori e quindi servire dal formaggio più delicato a quello più forte. Inoltre, la scelta deve essere in armonia con le portate servite prima per non creare distonie con esse e con i vini gustati.

Per facilitare la scelta del cliente, bisogna saper trasmettere per ogni formaggio, oltre le sue caratteristiche essenziali: tipologia di latte, stagionatura, note fondamentali; anche la sua storia ed eventuali curiosità ad essa collegate.

Il servizio è consigliabile svolgerlo tramite una composizione già realizzata nel piatto in base alle scelte del commensale o tramite il guéridon da formaggi con piatto composto dal cameriere dinanzi al cliente, il quale suggerisce i formaggi che gradisce.

La mise en place corretta avviene disponendo un coltellino e una forchettina, il primo sulla destra del piattino e la seconda alla sua sinistra.

La porzione complessiva dei formaggi come dessert non dovrà superare i 100 g, mentre i pezzetti di formaggio, all’incirca 20 g ciascuno, saranno disposti sul piatto in senso orario, partendo dai formaggi più freschi per proseguire con i mezzani e i più stagionati, saporiti e piccanti, e concludendo con gli erborinati.

Una perfetta porzione di formaggio è quella formata dal cuore della pasta fino alla crosta in modo da poter distribuire in ogni porzione equamente le diverse caratteristiche organolettiche del prodotto.
Ad ogni tipologia di formaggio il suo taglio.

Il formaggio permette di scoprire degli accordi insoliti, ma armoniosi; può essere abbinato a diversi ingredienti. Il miglior matrimonio si consuma con il pane di differenti varietà, da proporre sempre nel momento del servizio di questa portata.  

Ottimi sono gli abbinamenti con il miele; lo stesso vale per le confetture, le gelatine e le mostarde.

Anche il vino e la birra si abbinano bene con
i formaggi, tenendo presente che la struttura e la sapidità di entrambi devono andare di pari passo con quelle dei formaggi.